
Nel 2018, è stato chiesto a 1.200 gestori di flotte di trasporto quando, secondo loro, i mezzi pesanti a guida autonoma sarebbero diventati una realtà diffusa nel settore. Il 31% ha indicato un orizzonte temporale compreso tra i 6 e i 10 anni, mentre il 34% ha stimato che ci sarebbero voluti dagli 11 ai 20 anni. Solo il 10% era convinto che non sarebbe mai accaduto. In generale, la grande maggioranza degli operatori del settore vedeva (e continua a vedere) nella guida autonoma un futuro inevitabile e potenzialmente rivoluzionario.
Oggi possiamo chiederci: a che punto siamo realmente?
La guida autonoma non è un concetto unico, ma si sviluppa su più livelli di automazione, da sistemi semplici di assistenza alla guida fino alla totale indipendenza del veicolo. I sistemi ADAS (Advanced Driver Assistance Systems), ad esempio, sono già presenti su molti veicoli e aiutano i conducenti in manovre come il mantenimento della corsia, la frenata automatica, l’adaptive cruise control o il parcheggio assistito. Questi strumenti non eliminano il bisogno del conducente, ma aumentano la sicurezza e il comfort.
Esistono 6 livelli di automazione, da 0 a 5: dal livello in cui il guidatore ha il pieno controllo in ogni momento, fino al livello 5, dove il veicolo è completamente autonomo e non richiede alcun intervento umano. Attualmente, la maggior parte dei veicoli in circolazione si trova tra il livello 1 e 2, mentre alcuni produttori stanno testando sistemi di livello 3 e puntano al livello 4 entro i prossimi anni.
Un esempio significativo è quello di Daimler, che ha annunciato un investimento di 570 milioni di dollari per arrivare a un veicolo commerciale autonomo di livello 4 entro il 2029. L’obiettivo è quello di saltare direttamente dal livello 2 al livello 4, senza passare per il 3, puntando a un’autonomia più solida in contesti specifici come le lunghe tratte autostradali.
Nel frattempo, Volvo ha lanciato Vera, un mezzo pesante elettrico a guida autonoma pensato per spostamenti brevi in ambienti controllati come porti o centri logistici. Vera non ha cabina, è completamente elettrico e rappresenta una delle prime applicazioni pratiche e reali della guida autonoma nel trasporto merci.
Per le aziende di trasporto, i benefici della guida autonoma sono evidenti: riduzione dei costi operativi, maggiore efficienza nei tempi di consegna, minori consumi e, soprattutto, la possibilità di affrontare il problema crescente della carenza di conducenti. Secondo l’International Transport Forum, entro il 2030 circa 2 milioni di autisti tra Europa e Stati Uniti potrebbero, purtroppo, perdere il lavoro a causa dell’introduzione massiccia di veicoli autonomi. Ma non tutti concordano su questa previsione.
Alcuni esperti, come Seth Clevenger di Transport Topics, sostengono che i mezzi pesanti autonomi non elimineranno la figura del conducente, ma la trasformeranno; la guida autonoma potrebbe alleggerire le mansioni più faticose, rendere la professione più attrattiva e meno stressante, e aprire nuove opportunità per ruoli più qualificati. In fondo già oggi nei voli aerei è ampiamente impiegato il pilota automatico nel volo “di crociera” ma non manca il personale di bordo che è fondamentale per tantissime operazioni.
Anche la formazione dei nuovi conducenti sta cambiando. L’adozione di simulatori di guida sempre più realistici e l’uso della realtà virtuale stanno trasformando il modo in cui si prepara chi guida mezzi pesanti. Questa tecnologia non solo rende il training più sicuro ed economico, ma potrebbe avvicinare anche le nuove generazioni, più sensibili alle innovazioni digitali e meno attratte dalla carriera “tradizionale” nel trasporto.
Insomma, il settore si sta evolvendo, e lo fa in più direzioni: dall’introduzione graduale della guida autonoma alla trasformazione del ruolo dei conducenti, fino all’adozione di nuove tecnologie nella formazione. Non è solo una questione di innovazione, ma anche di ripensare il futuro del lavoro, della mobilità e della logistica.
Siamo pronti ad accogliere questa trasformazione?